
La mia non è una recensione né un’opinione nel senso stretto: è la sensazione che a me, spettatrice comune, è rimasta dopo la visione di questo film.
“Vedi Favolacce”, mi diceva un amico, “Vedi Favolacce”, mi ha detto mia madre di recente, “Vedi Favolacce”, mi ha suggerito, implicitamente, anche Amazon Prime Video. Così, mi sono decisa a vederlo, anzi, guardarlo. Perché un film si guarda, con sincera e smaliziata attenzione, che poi è quella della sottoscritta che guarda film per il gusto di farlo e non per chissà quali altri motivi. Sì, perché non sono un critico cinematografico. Sono una che si svacca sul divano e accende la smart tv per guardare immagini in movimento.
Allora l’ho guardato, tutto(aspetto da non dare per scontato, dato che, a volte, certi film li abbandono, perché “non mi prendono” e ritengo il tempo troppo prezioso da non sprecarlo), faticando non poco, innanzi tutto per il pessimo audio che la succitata piattaforma streaming ha messo a disposizione. Il romanesco parlato dai personaggi era incomprensibile e io, vivendo a Roma, giuro di riescire a comprendere anche il romano che emette semplici suoni gutturali(e non sono pochi quelli che lo fanno, mi spiace ammetterlo in modo sprezzante finanche eccessivo e snob).
Entrando nel racconto del film, presentare una Spinaceto che non è(perché il quartiere ha tutt’altro aspetto) e luoghi altrettanto stranianti, ha una funzione di accompagnamento alle vicende del film, volutamente non raccontate fino in fondo, velate per essere solo intuite. Un miscuglio di dramma e scenari quasi impalpabili, in un’atmosfera che sembra anni ’70(il look dei bambini mi aveva tratto in inganno), ma che non è, perché ci sono gli smartphone e le piscine gonfiabili ben attrezzate. Bambini angosciati, genitori folli o senza empatia, situazioni che si intrecciano senza mai incontrarsi davvero…un film impossibile da dimenticare, senza orma di dubbio.

Eppure, conoscendo altro dei fratelli D’Innocenzo, come il bellissimo e mai banale La terra dell’abbastanza, mai stereotipato e mai incomprensibile, si rimane con un grande “boh”, come se qualcosa non fosse davvero mai arrivato a me spettatrice. Beh, potrei non aver colto alcune sfumature, nonostante la trama sia chiara(ma lo è perché una vera trama non c’è). Forse è questo il vero intento dei D’Innocenzo, cioè quello di non voler dare troppe spiegazioni? C’era l‘intento di arrivare a pochi e non al pubblico(infatti il film ha vinto premi ed è stato acclamato dalla critica, che, si sa, fa di tutto per andare contro i gusti della gente comune)? Pur non essendo io una che guarda cinepanettoni e commediole romantiche(e di film ne vedo molti, di ogni genere ed epoca), mi sono sentita “messa da parte” da questo lavoro dei D’Innocenzo.
“Vedrai, è sconvolgente”, mi dicevano. Invece, di sconvolgente non ha nulla se non una marea di forzature, fino alla fine. Elio Germano che fa il padre coatto e debole non convince, pur essendo sempre bravissimo, gli altri attori adulti sembrano delle maschere grottesche o evanescenti, mentre i bambini mostrano una sorta di imbarazzo eccessivo. Però il film ha vinto premi ed è sulla bocca di tutti, come spesso accadeva a tanti film impegnati degli anni ’60 e ’70. Penso a Dillinger è morto di Marco Ferreri, pellicola sperimentale e criptica eppure mai noiosa(per via di certe atmosfere velatamente psichedeliche) oppure a I cannibali di Liliana Cavani(sì, ma la trama è chiara, pur trattando di fantapolitica e poi la colonna sonora di Ennio Morricone pervade di bellezza tutto il film). Da contraltare ai tempi uscivano commedie, commediole, musicarelli e tanto altro cinema di genere.
Sì, perché il cinema italiano è così: o tira fuori pellicole per pochi oppure film “per la pancia”. La via di mezzo è alquanto rara.
Favolacce è stranamente arrivato alla pancia, anche se punta a pochi, senza averne tutte le caratteristiche, perché alla fine mostra senza raccontare, non arriva fino in fondo, non analizza. E va bene così, anche se non è totalmente un bene. Del resto, lo stesso discorso vale per il coreano Parasite, assurdo eppure osannato.
Non posso dire che Favolacce non mi sia piaciuto, ma trovarlo sopravvalutato mi sento di dirlo.
Una visione la merita, comunque.