Il disco che mi ha cambiato la vita

L’immagine è di chi ne detiene i diritti

I bambini NON DEVONO RICORDARE NIENTE

Chi mi conosce, questa storia l’ha già sentita, magari apprezzata oppure, al contrario, reputata irritante, come ritengo di essere io quando parlo della mia infanzia e dei suoi aneddoti, sui quali non vengo creduta o mi si fa la faccia sbigottita, mal celando un moto di disapprovazione, perché l’infanzia non si ricorda, non si può e non si deve ricordare, perché i bambini passano il loro tempo giocando, facendo i compiti, mangiando e vomitando capricci continui e piagnistei.

Perché i bambini, secondo gli adulti, devono essere degli stupidi automi che vivono di quello che viene loro imposto. Sembra come se la mia generazione debba poter ricordare dagli anni 90 in poi. E l’infanzia dove la mettiamo? Dieci anni di vita buttati? Si vegetava? “No, Francesca impossibile che tu, allora…”

Quante volte mi tocca digerire questo tipo di osservazioni, tanto da dover quasi vergognarmi di aver memoria anche degli anni più remoti! Temo anche di essere presa in giro, ma è un prezzo che sono sempre disposta a pagare. E di cui me ne sbatto altamente, al contempo.

Ma oh, c***o, devo chiedere scusa a qualcuno se la musica della mia vita non è quella dei Nirvana, del grunge o di certo rock della mia adolescenza?

Detto questo, ecco la storia che voglio raccontare. Era la primavera del 1987, frequentavo la prima elementare nella migliore classe che potessi avere ed ero felice di andare bene nelle materie e di finire presto i compiti, per poter scendere a giocare con gli amici o seguire gli anime in tv. C’era un’altra cosa, però, che facevo spesso: guardare videoclip musicali. Sì, vedevo un po’ Deejay Television e mi piaceva, ma il mio programma preferito era un altro. Una frequenza locale trasmetteva un canale, Super Six, che mandava un contenitore musicale britannico, con annesse classifiche. Ora qualcuno avrà capito come io abbia imparato un po’ di inglese (oltre le canzoncine natalizie americane), campando di rendita in prima media. Un giorno, questo programma trasmise il video di With or without you degli U2 e non lo trovai così gradevole, con quel Bono che si atteggiava a divo e con quel codino orrendo, così come The Edge che si muoveva in maniera insopportabile, mentre Adam pareva un secchione sfigato e Larry un biondino troppo in ombra. Video brutto, ma la canzone, quella no, era bellissima e, da quel momento, divenne la mia ossessione. Non mi si toglieva dalla testa e ci pensavano radio e tv a darmi il tormento, così ce l’avevo in mente a scuola, in gita con la classe di prima media di mia mamma, per poi portarmela anche in estate, quando il juke box dello stabilimento balneare che frequentavo la trasmetteva continuamente, poiché gettonatissima. Il 1987 mi regalò tanta musica, tanti videoclip, ma quel brano mi perseguitava.

Partimmo, poi, per un viaggio in Jugoslavia (oggi Croazia e Slovenia; i miei genitori e io) e, una volta per tutte, dissi ai miei che quella canzone non mi abbandonava. Tentai di dir loro che volevo la musicassetta di The Joshua Tree, il disco che conteneva proprio la canzone della mia ossessione e mi vergognavo. Mi tirarono le parole dalla bocca, perché mi sembrava una cosa strana, voler a tutti i costi quella canzone. E poi io non venivo accontentata sempre o subito, le cose me le conquistavo. Ai “no” ero abituata oppure ai “Sì, solo se fai la brava”.

Così comprai la cassetta (ok, me la feci regalare) e, già dal primo ascolto, pensai che quello era un disco diverso da tutti gli altri e che non me lo sarei dimenticato. With or without you finalmente mi lasciò in pace, ma il suo posto lo presero tutte le altre canzoni, specialmente Red Hill Mining Town , In God’s Country e Bullet the Blue Sky (quest’ultima mi iniziava a tormentare, specie il ritornello).

Un disco del genere su una bambina di 7 anni significa aprirle un mondo che non si è più richiuso, lasciarle addosso atmosfere che non ha più smesso di rincorrere, farle cambiare percezione sulla musica, su ciò che ha intorno e sulla sua vita.

Ora, forse, mi conoscete meglio e avete due opzioni: o vi starò di più sul c***o oppure mi vorrete ancora più bene.

Bandita ogni via di mezzo.

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