
Cantautore pugliese, ispirato da atmosfere speciali, di cui sono intrisi i suoni della sua musica, Paolo Benincasa si racconta in questa bella intervista
Ciao! Hai iniziato appassionandoti al punk e poi ispirandoti ai tuoi gruppi britannici preferiti. Come sei, invece, approdato al cantautorato in italiano?
In realtà, il punk per me inizia e finisce coi Sex Pistols e pochi altri, più che altro ne ho assorbito una certa immediatezza. Ho iniziato a scrivere in italiano con la fine dell’adolescenza, magari non fa figo dirlo, ma il gruppo che mi ha ispirato a farlo sono stati i Baustelle, che per me che avevo gusti anglofili furono una boccata d’ossigeno perché molto più melodici e interessanti nei temi rispetto ai gruppi alternativi italiani che andavano di moda negli anni ’90 (infatti, prima dei Baustelle, preferivo gruppi di minor successo commerciale come Mao e la Rivoluzione o i Lula di Amerigo Verardi, mentre non sopportavo Afterhours e compagnia). Avendo pochi modelli, dei quali alcuni non imitabili (tipo Battiato), ho dovuto molto improvvisare e penso che questo mi abbia aiutato a trovare una mia cifra stilistica che, unita alla preponderanza dell’influenza british nei miei ascolti, penso che crei una versione poco tradizionale del cantautorato italiano.
Scirocco è un brano che entra davvero in testa e, personalmente, mi ha colpito molto. Ti va di raccontare la genesi di questa canzone, dai tratti anche melanconici?
Grazie mille. È una canzone che ho scritto parecchi anni fa, l’idea nacque un giorno in sala prove col mio primo gruppo: stavamo suonando male e il suono era orrendo, quindi Mirko, il mio bassista dell’epoca, disse: “è scirocco, gli strumenti prendono l’umidità e suonano male”. La frase mi rimase nel cervello per parecchio tempo, finché scrissi il testo di getto, senza neanche rendermi conto di quello che volevo davvero esprimere, anche se avevo in mente degli episodi precisi della mia vita. Per scrivere la musica ci misi molto tempo, nessuna soluzione mi soddisfaceva, finché un giorno, prendendo la chitarra in mano, venne fuori quel ritmo di 6/8 che con la lingua italiana va a nozze (infatti, i Virginiana Miller che ascoltavo molto all’epoca ci hanno fatto dischi interi).

Le copertine delle tue canzoni hanno una grafica che rimanda ad atmosfere mediterranee. Chi le ha realizzate e ho ragione a pensare che possano far riferimento alla tua Puglia?
Le ha realizzate Adriana Favia, rielaborando delle immagini trovate in un vecchio manuale di disegno. Certamente, le atmosfere sono mediterranee e io le associo soprattutto a posti ed esperienze fatte in Puglia, ma effettivamente, potrebbero riferirsi a qualsiasi posto nel Mediterraneo. Ad ogni modo, non mi va di essere associato ad un’immagine da cartolina della regione in cui vivo, sia perché spero che nelle mie canzoni ci si possa immedesimare anche uno che vive nelle valli bergamasche, sia perché i miei testi non sono proprio quelli dei Boomdabash.
Quali sono i tuoi artisti musicali preferiti?
Gli Smiths, quasi tutto lo shoegaze, Battiato, i Magnetic Fields, i Beach Boys, i Diaframma, i Primal Scream, gli Oasis e i Blur, i New Order eccetera eccetera.
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