
Artista palermitano con un ricco passato musicale e un po’ di premi alle spalle, Romano ci parla della sua musica e del perché del suo legame col famoso dipinto Ritratto dei Coniugi Arnolfini.
Ciao, Romano! Partiamo dal tuo passato musicale. Prima di passare alla tua carriera solista, ci sono state diverse esperienze: ti sei esibito come bassista in giro per l’Italia e l’Europa, hai avuto il Premio della Critica al
Premio “De Andrè” nel 2016, poi quello come Migliore Interpretazione al Premio “Andrea Parodi” con la band Tamuna – con la quale hai pubblicato anche due dischi – e, infine, il Premio SIAE “Sergio Endrigo” con il cantautore Francesco Vannini, con cui ha pubblicato un EP. Quanto c’è ancora di quel fortunato passato musicale nella tua carriera attuale?
Siamo il frutto delle nostre esperienze, quindi inevitabilmente quello che è stato fatto appartiene al mio background. Quando suoni insieme ad altri devi fare tanti compromessi e io nel mio passato più recente ne ho dovuti fare un po’ troppi, così alle volte mi sono ritrovato a suonare musica che non mi convincesse molto. Quindi del mio “fortunato” passato c’è anche questo, maggiore consapevolezza di ciò che voglio. Aggiungo che i premi sono una bella soddisfazione, ma molto spesso sono trofei da raccogliere e in realtà non portano granché. Oggi mi sento di dire che non mi interessano granché.
Coniugi Arnolfini è una sorta di ballata elettropop, con un sapore un po’ melanconico. Mi domandavo: come mai la scelta dei famosi coniugi Arnolfini di Van Eyck? C’è una scelta apposita tra un dipinto che vede due coniugi apparentemente “statici” e “ingessati” nonché enigmatici e la forza di resistere, del proiettarsi in uno slancio vitale, come nel video del brano?
C’è un legame prima di tutto affettivo con quel dipinto. Negli ultimi anni io e Alessia (la mia compagna) abbiamo cambiato diverse città e quindi diversi appartamenti. Lei nelle tante stanze universitarie che ha abitato aveva sempre con se una stampa del Ritratto dei Coniugi Arnolfini, era una certezza. Per me era una sorta di finestra da cui entrava serenità, un punto fermo mentre tutto intorno era diverso. E’ diventato un simbolo del nostro legame. Poi c’è anche la storia del dipinto che ritrae questi coniugi emigrati dalla Toscana in Belgio, quindi ho trovato delle affinità con la nostra storia che dalla Sicilia ci siamo spostati nel Nord Italia.

Tu sei palermitano. Sei molto legato alla tua città d’origine? Cosa pensi della scena musicale di quella città?
Negli ultimi anni, c’è stata una crescita pazzesca, attualmente la scena è ricca di proposte interessanti ed è bello notare che tanti progetti iniziano ad affiorare anche nel panorama nazionale. Spero che in qualche modo questa crescita contribuisca a creare un clima di maggiore condivisione tra gli artisti, che si creino maggiori aperture e che si metta da parte quell’atteggiamento un po’ provinciale che ho spesso riscontrato tra gli addetti ai lavori che curano il proprio orticello. Perché questa crescita sia proficua, inoltre, servono maggiore spazi per i concerti, creare una cultura della musica live e fare i modo che gli artisti che scrivono canzoni possano trovare maggiori occasioni per esibirsi.
Quali sono i tuoi artisti musicali preferiti?
Ascolto tantissima musica che spazia tra tanti generi. Se devo citarne alcuni, dico Esbjorn Svensson Trio, Bon Iver, Radiohead, Lucio Dalla, Battiato, Sufjan Stevens. Sono solo alcuni dei miei tantissimi ascolti, però sono sicuramente tra i più significativi.
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