
Con il mare e le atmosfere del Salento nel cuore, ma il mare è soprattutto stato d’animo: ecco l’intervista a Blumosso, cantautore pugliese
Ciao, Blumosso! Parlaci di te e della scelta del tuo nome d’arte. Il tuo vero nome è Simone Perrone e ho pensato che chiamarti “Blumosso” potesse far riferimento al bellissimo mare della tua terra, il Salento (che, in parte, è anche quella delle mie origini). Ho indovinato oppure no?
Il mio nome d’arte si ricollega al mare, è vero; noi salentini lo amiamo visceralmente, ma la scelta non è dovuta a questo. Il mare come stato d’animo, ma non sempre, solo quando è agitato: Blumosso. Le mie canzoni portano con loro i tumulti interiori dovuti alle perdite, alle lotte quotidiane e anche a tutto ciò che c’è dietro il raggiungimento dei traguardi; le ansie dei finali sospesi; la tristezza di chi si è dovuto lasciare alle spalle. Le mie canzoni sono agitate, come il mare pieno di onde. Per questo ho scelto questo nome d’arte.
La tua musica rientra molto nel cantautorato, è intima e sembra non cercare sensazionalismi, ma un approccio diretto al cuore e all’anima di chi lo ascolta. Per questo, risulta vera, sincera e un pizzico malinconica (in particolare “A pezzi il cuore”). Per lo meno, è quello che ho percepito, ascoltandoti. Puoi dirci di più del tuo approccio alla musica e il perché del tuo stile?
Ho sposato anni fa la teoria della sottrazione applicata alla musica. Spesso crediamo che per rendere una canzone bella e vincente si debba per forza vestirla con arrangiamenti super ricercati, pieni di suono; crediamo che una voce quanto più riesca a raggiungere note acute, tanto più è capace di emozionare. No, per me non è così. Anzi, Blumosso nasce proprio dal rifiuto di tutto ciò: dal rifiuto dell’eccessiva costruzione alla quale ormai il mercato della musica di consumo ci ha abituati. Ho capito che per ottenere un buon risultato, spesso non è necessario aggiungere, ma togliere. Per questo le mie canzoni risultano molto scarne di suono, ma sincere.
Tu sei salentino, della provincia di Lecce: ti sei mai sentito ispirato dalla tua terra per quanto riguarda la tua musica?
Sarebbe falso a dire che la tradizione salentina mi abbia influenzato. Affatto, però mi hanno influenzato i luoghi della mia terra, le persone che la popolano, quelle con cui ho a che fare. Perché la mia è musica che parte dalla quotidianità, ed io vivo nel mio paese, Carmiano, nel Salento. Quindi sì, a suo modo, il Salento mi ha ispirato.

Rispetto agli altri pezzi del tuo EP “Conseguenze”, Ermione spicca per un piglio più pop rock: hai intenzione, in futuro, di sperimentare qualche sonorità che ti incuriosisce provare?
Certamente in futuro sperimenterò un po’, non ne faccio mistero. Però lo farò ovviamente senza spersonalizzarmi. Più che il pop rock, delle sonorità che vorrei saggiare sono quelle del punk di stampo british della fine degli anni ’70.
Hai degli artisti che ti piacciono particolarmente?
Di stranieri mi piace Damon Albarn e la sua miriade di progetti. Mi piacciono i Beatles, gli Smiths, ma anche gli Strokes e i Killers. Tra gli italiani Dalla, De André, Battisti, Battiato, Guccini.
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