
Pieno di stimoli, di influenze e di voglia di esplorare ogni aspetto della vita nonché di viverla pienamente, guardando sempre in avanti. Ha concretizzato il suo modo di guardare il futuro (anche diventando padre) e il suo continuo sperimentare musicalmente. Ecco l’intervista al genovese Le Astronavi, che ci dà anche una speciale lettura del concetto -a me molto caro- di “Ostalghia”, ricordando Andrea Pazienza.
Ciao! Ascoltandoti, mi si è aperto un mondo: il tuo mondo, potente e pieno di simboli e suoni. Presenta questo tuo mondo a chi legge questa intervista, parlando di te e di come sia nata la tua musica. Spiegaci anche perché il tuo progetto musicale si chiami Le Astronavi. Hai campo libero. Vai!
Ciao. Il mio mondo è fatto di tante influenze, ad un certo punto della vita ho capito che non dovevo sceglierne solo una a discapito delle altre e non volevo reprimermi in nulla. Ho imparato ad urlare ciò che sentivo in adolescenza dal punk, più tardi mi sono avvicinato al rap da cui con la stessa immediatezza ho imparato a incastrare le parole e poi c’è il cantautorato che si è sempre ascoltato in casa da quando ero bambino e che sicuramente fa parte del retaggio culturale della mia città. Sono molto interessato al contemporaneo, ai nuovi suoni; se mi piace qualcosa cerco di assorbirlo e risputarlo fuori a modo mio. Le Astronavi perché ho sempre avuto un’ossessione per gli UFO e la fantascienza, ma anche perché metaforicamente si parla di mezzi di esplorazione. Il nome è in plurale proprio perché come dicevo prima con questo progetto voglio dare voci a tutte le parti di me.
Hai già pubblicato un disco, 16 maggio e altri singoli piuttosto evocativi e di grande impatto sonoro elettronico. Ma Barren è più che una svolta ovvero un concept che mischia musica e atmosfere che spaziano nell’introspezione, spesso drammatica e quasi sempre intimista, con una sorta di forte voglia di reagire a qualcosa e guardare al futuro, seguendo se stessi. Proprio come “Il club dei
Perdenti” di It a cui fai riferimento con la title track del disco. Bene, parlami della genesi e del perché di questo album.
Intanto grazie per non averlo definito nostalgico, il mio timore era che utilizzando certe sonorità e scavando nei ricordi potesse essere definito tale. Invece, come hai intuito, vuole essere l’esatto contrario. Quando ho scritto l’album 16 Maggio era un periodo di grande cambiamento, stavo mettendo in discussione molte cose e in più stavo per diventare padre, stavo per diventare io l’adulto e questo mi faceva una gran paura. Una volta accettato ed elaborato il fatto cosa avvenuta anche e soprattutto grazie alla scrittura ho capito che avevo bisogno di lavorare ad una sorta di “promemoria” che mi aiutasse meglio a ricordare chi ero, cosa volevo essere. In Barren è un piccolo me del passato che grida in faccia al me di oggi di non tradirlo, di non diventare come quelli che odiava, di ricordare sempre quali sono le cose importanti come la libertà e la fantasia.

Una curiosità sul brano Ostalghia: per “Ostalghia” si intende la nostalgia per il
mondo della Germania Est pre-caduta del Muro di Berlino. Ma la canzone non
parla di questo. Qual è la vera Ostalghia a cui alludi? Forse è la nostalgia di
qualcosa di cui si nutre un rimpianto, quando dici “…e ritornerò a ridere, per certe cose piccole”? Nostalgia per un mondo più semplice?
Per Ostalghia sono partito da una vignetta del fumettista Andrea Pazienza (la voce nell’intro è la sua), che mi ha sempre colpito, in cui è raffigurato un giovane punk in ginocchio che parla ai genitori, dice loro che è tornato, che si pente di tutto, che farà di nuovo tutto quello che gli diranno di fare e ricorda quell’estate in cui gli mettevano gli orecchini di ciliegia. Nella stesura del testo ho cominciato riportando le sue esatte parole, poi ho proseguito inventando il resto. Avevo letto che dopo la caduta del muro molti abitanti della Germania Est compresi alcuni di coloro che l’avevano fortemente voluta; una volta liberi dal regime si sono ritrovati in balia di un nuovo mondo, quello occidentale e capitalista, senza poter più tornare indietro. Un nuovo mondo che concedeva grandi libertà rispetto alle enormi restrizioni vissute in precedenza ma non offriva le stesse sicurezze sociali.
Così, nella mia testa, un giorno è nato questo parallelismo (sicuramente estremo) tra famiglia e Germania Est per raccontare da un ulteriore punto di vista il dialogo tra infanzia ed età adulta, quella sensazione del “non si torna più indietro” che proviamo più o meno tutti almeno una volta nella vita. Io non rimpiango nulla, sono andato via di casa presto e ho fatto un sacco di cazzate ma anche tante esperienze che mi hanno permesso di sviluppare una personalità e un mio modo di pensare. Certo, a volte sarebbe bello essere tenuti per mano, anche se strattonati o riuscire ancora a ridere per una barzelletta innocua raccontata da un vecchio zio durante un pranzo di Natale, senza dover ricorrere a sofisticati quanto cinici MEME su un gruppo wazzup e soprattutto non dover decidere nulla “con l’aria sulla faccia, il sole sopra il vetro chiudere gli occhi e basta stando seduto dietro”. Lo ammetto: a volte sarebbe bello. Oggi sono io a guardare mio figlio, mentre si addormenta in macchina tornando dal mare; è giusto così, è bello così. Preciso per i miei genitori, se mai leggessero, che non li ho mai paragonati alla DDR e per i lettori in generale che non simpatizzo per alcuna forma di potere.
Domanda che faccio a tutti: quali sono i tuoi artisti musicali preferiti?
In ordine sparso e casuale: Sex Pistols, Fabrizio De Andrè, Noyz Narcos, Porno Riviste, Nirvana, I Cani, Nothing Nowhere, Cuffa, Kafka band, Francesco Tricarico, Cemeteries, Paace2000, Castagna,
Misfits, Beach boys, Wicca phase springs eternal, Iron Maiden, Sangue Misto, Bellicosì…. mi fermo anche se so che tra cinque minuti me ne verranno in mente altri cento.
Grazie per queste domande e a presto!
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