23 novembre 1980: quel ricordo che avevo deciso di non avere

Immagine dal web

Non ho mai avuto paura dei terremoti (e ne ho vissuti diversi) e, forse, il perché, dentro di me, lo so: il terremoto più forte e lungo lo avevo già vissuto, il 23 novembre del 1980. E ti racconto come l’ho vissuto

Parto dal presupposto che, nonostante possa sembrare fantascienza, i miei primi ricordi risalgono a quando avevo sei mesi. So che può sembrare strano e assurdo, ma è così. No, non ho superpoteri, come più di qualcuno mi ha detto -non senza ironia canzonatoria- né possiedo manie di grandezza tali da voler far credere alla gente di avere una potentissima memoria. Sono fatta così…poi magari fatico a ricordare quale film abbia visto il giorno prima. Il fatto che io abbia ricordi lontanissimi mi ha persino fatto litigare con le persone e tuttora, spesso, vengo derisa -anche indirettamente- per questo. Me ne sono fatta una ragione, con l’auspicio che se la facciano anche gli altri, visto che, come tanti di loro, i miei ricordi non partono dalla terza media. C’è gente che ha la mia età, ma i primi ricordi li ha tipo dal 1992(quando avevo 12 anni. 12 anni, eh, mica 2!). E pazienza!

Dopo questa doverosa premessa, arrivo al punto. Il 23 novembre del 1980 avevo quasi sette mesi e il terremoto dell’Irpinia, 6.9 della scala Richter e quasi 3000 morti, l’ho vissuto, eccome, perché ai tempi vivevo al Sud, anche se lontana dall’epicentro del sisma. Eppure si era sentito forte, quel terremoto. Un minuto e mezzo infinito. Erano le 19.34 della domenica sera, mi trovavo in cucina, seduta sul seggiolone e, mentre mia madre, nel cucinino, non si era accorta di nulla, mio padre lo aveva avvertito nitidamente. Nel frattempo, io avevo adottato l’unica mia forma di reazione e protezione che, in quel momento, mi era possibile: coprirmi la testa con le braccia.

Secondo quanto detto sopra, avrei potuto ricordare quell’episodio, visto che ho ricordi di periodi precedenti. Invece no, non ricordo nulla, era stata mia madre a parlarmene. In effetti, la mia mente(ma non solo la mia, succede un po’ a tutti) ha sempre cancellato momenti difficili: a tre anni avevo visto la bara bianca di un bambino che abitava nel mio palazzo, che sapevo essere morto di incidente stradale. Ma non ricordo niente e mia madre mi aiutò a capire che anche i bambini possono morire; a me sembrava strano. Ci ero rimasta malissimo. A quattro anni stavo affogando al mare, a Senigallia(AN), dai miei nonni materni, ma non lo ricordo, così come ho quasi rimosso eventi brutti anche in età adulta. Non che non li ricordassi, ma li ho vissuti come se fossi stata drogata. A 37 anni mio padre era stato investito(per fortuna nulla di serio, ma si era operato al femore due volte nell’arco di un anno) e io, invece che disperarmi(come mi accade talvolta quando ho dei momenti di stress per cose banali e sto nervosa), mi sentivo inerte.

La mente fa questo: cancella ciò che è negativo, per non far avere crolli nervosi e, al contempo, fortifica. Ciò significa che avevo accettato che i bambini morissero, che potevo continuare a farmi il bagno al mare e che tante altre cose si affrontano con grande forza. Quel 23 novembre 1980 la mia mente aveva deciso di cancellare subito il ricordo, per farmi smettere di avere paura dei terremoti. Ormai ne sono convinta da tempo.

Ecco, il terremoto del 23 novembre del 1980 l’ho vissuto così.

Sul resto, cioè su quanto siano stati inefficienti i soccorsi, pessima e lenta la ricostruzione e su quanto fino a quel giorno l’Italia intera ignorasse quel mondo arcaico di cui provare quasi imbarazzo (quello del cratere del terremoto), non ho voglia. Quello lo fanno i giornali, gli speciali tv, i tg.

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