
Il 18 maggio del 1980 Ian Curtis, cantante dei Joy Division, si toglie la vita, a soli 23 anni. E inizia il suo inconsapevole mito. Un ricordo per un ragazzo che aveva dato il via a un genere musicale e a uno stile di vita, sempre inconsapevolmente.
Ian Curtis e il mito inconsapevole, che ebbe inizio con la sua morte, avvenuta impiccandosi a casa sua. Ian era depresso e pesantemente condizionato da una brutta forma di epilessia che, giorno dopo giorno, minava la sua esistenza, assieme alla pedanteria di una moglie che, pur giovane quanto lui, era già vecchia dentro e non comprendeva il suo estro artistico fino in fondo.
Ian era un ragazzo di soli 23 anni, con una vita davanti e un successo che stava arrivando, ma che non ebbe modo di assaporare, schiacciato dai suoi demoni interiori. Il suo mito stava nascendo inconsapevolmente, appunto, perché, se Ian fosse stato consapevole di ciò che aveva creato, forse sarebbe ancora in vita, perché le soddisfazione portate dalla sua musica lo avrebbero probabilmente aiutato ad affrontare meglio la vita. Magari anche sua moglie avrebbe compreso meglio quale perla vivente stesse portando un nuovo vento nel panorama musicale.
La cosiddetta new wave esisteva già, sia chiaro, con sfumature prettamente elettroniche oppure figlie di un punk meno rozzo. Eppure, I Joy Division, la band di cui Ian era cantante, hanno dato il via a qualcosa di unico, tra atmosfere sonore cupe e un’estetica che sembrava contemplare solo il bianco, il nero e il grigio. Un grigiore dell’animo e di Manchester che uccideva lentamente Ian e che, paradossalmente, infondeva una sorta di rifugio sicuro agli altri membri della band e a chi li seguiva. Un monocolore che, negli anni, ha investito anche me, che, pur amando tantissime cose nonché i colori, in quella oscurità si è trovata spesso benissimo, perché rassicurante.
I Joy Division e i suoni cupi, come il grigiore di una giornata di pioggia, dei palazzoni con cemento a vista e di tutta un’estetica oscura che, invece di rabbuiarci, ha dato a tanti di noi un sentire poetico, che, lo ammetto, fatico a descrivere.
Il 18 maggio 1980 Ian lasciava il nostro mondo, un’eredità estetica importante e la basi per i New Order.
Ma questa è un’altra storia(ugualmente bellissima).
Grazie, Ian